Parola di mamma-leonessa
Ci fa piacere riportare la testimonianza di una mamma che ha scritto a uno dei nostri fisioterapisti raccontando la sua esperienza e ci ha permesso di condividerla con voi.
sono contenta di condividere con altri la mia esperienza.
Ho sempre avuto molta fiducia nei “gruppi di auto-aiuto”: ritrovarsi insieme a persone che stanno vivendo lo stesso momento di fragilità esistenziale scatena di per sé una energia collettiva e contagiosa, catartica. E’ come tenere sulle spalle un baule pesantissimo: se ci sono più mani a sorreggerlo, automaticamente si sente un peso inferiore e più accettabile.
Sono un’abituale frequentatrice del blog di Isico. Ho ritrovato anche io tante parole che mi hanno fatto sentire meno sola. Stampo alcuni testi e li porto sempre con me.
A mia figlia Arianna ho stampato delle semplici parole del Prof. Negrini: “Gli esercizi, è vero, sono noiosi e faticosi. E’ però altrettanto vero che fanno molto bene. Se non si porta il corsetto, riducono di molto le probabilità di peggiorare e quindi di doverlo portare”, ho appoggiato il biglietto sulla sua libreria, con nonchalance, come accompagnamento spirituale.
La forza delle parole sta nella fonte dalla quale provengono, in fondo sono quasi scontate, ma il fatto che le abbia pronunciate il “Maestro” (inteso come guida che ti accompagna in un qualsiasi percorso di apprendimento per raggiungere un obiettivo) le rende profetiche. Lei, all’inizio, come al solito, come tutti gli adolescenti, ha sbuffato un po’: della serie “mamma, che palle…” (è questo che esprimono gli adolescenti davanti agli ammonimenti dei genitori, tutti noi l’abbiamo fatto, è l’età giusta per farlo…), allora ho aspettato che lo cestinasse, ritenendolo inutile e fastidioso. Invece è ancora lì, al suo posto. Lo ha accettato come consiglio, come una pacca sulla spalla di un amico di cui fidarsi.
Non ho mai voluto, però, intervenire nel dibattito, sul blog, perché faccio molta fatica a parlare di questa esperienza. Fatico a liberarmi delle paure e delle preoccupazioni. Non per la fase attuale del percorso, ovviamente, perché se rimaniamo nell’ambito della semplice rieducazione fisica, con l’esecuzione degli esercizi, per quanto impegnativa, dico che siamo “miracolati”.
Il mio spettro, capirà bene, è il corsetto. E quando penso che non è del tutto scongiurato quel pericolo, allora ritornano le paure e l’ansia.
Nonostante ciò cerco di essere ottimista, con me stessa, con Arianna e con tutte le persone care che ci chiedono “come sta andando? Tutto bene?”. Non senza un velo di ansia costante che cerco di non palesare.
E’ un continuo lavoro su se stessi, conservare la fiducia nelle potenzialità positive che questo percorso offre e allo stesso tempo allontanare lo scoraggiamento, la paura che le cose prendano una piega non favorevole. Ho capito che si può imparare a restare calmi e sereni, muovendosi su un terreno di assoluta incertezza. Poco alla volta. Giorno per giorno.
Ho conosciuto altre mamme, meno combattive di me, che si sono arrese e lasciano alle loro giovani figlie la facoltà di decidere del proprio benessere psico-fisico. Non condivido, ovviamente, questo atteggiamento. Ho conosciuto di recente la mamma di una compagna di classe di Arianna, alla cui figlia è stata diagnosticata una scoliosi dorsale di 20 gradi. Le hanno preparato il corsetto “lionese” che lei ha portato per una settimana e poi è stato restituito perché ovviamente non è riuscita ad abituarsi. Adesso, la ragazza non vuole fare neanche gli esercizi di fisioterapia che le hanno prescritto. Non vuole fare più niente. E la mamma, sconsolata, mi dice “faccia un po’ quello che vuole, adesso è grande (ha 13 anni come Arianna!), tanto non mi ascolta più”. Mi sono ritrovata a rincuorarla e a spronarla, perché stia vicino alla figlia e la sproni.
Un’altra mamma che conosco da anni ha la figlia, 15 anni appena compiuti, con una scoliosi seria: stava portando il corsetto “lapadula”, ormai da un anno e all’improvviso, dopo l’estate, l’ha tolto e non vuole più saperne. Stessa reazione dell’altra mamma. Anche qui ho cercato parole di incoraggiamento per lei.
Insomma ho ritrovato in me la forza di una mamma-leonessa che lotta all’inverosimile per preservare i suoi cuccioli da ogni pericolo che, nella vastità della savana, incombono. Capisco anche che, periodi più o meno lunghi di convivenza con la malattia (e per le due mamme in questione parliamo di un anno) possano sfiancare e far perdere la pazienza alle più pazienti delle mamme.
Commenti
Commento di Stefano Negrini
Il 13/03/2014 alle 10:14 Caro Marco, |
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Il 30/12/2013 alle 19:16
Bella la sua testimonianza, signora. Bella e importante.
Il suo atteggiamento nei confronti della figlia penso si possa estendere ad altri aspetti della vita, al di là del problema specifico della scoliosi. Troppe volte lasciamo correre coi nostri ragazzi; sì, è difficile avere a che fare con adolescenti, talvolta è più facile lasciar correre, ma così non sempre faciamo il loro bene.
Le auguro un sereno Anno Nuovo.