Scoliosi allo specchio: estetica e supporto psicologico di Irene Ferrario
Quante volte osservandoci allo specchio ci ritroviamo a guardare ogni piccolo particolare con attenzione chirurgica, a volte ingigantendo dei difetti estetici che gli altri nemmeno notano? Capita anche in presenza di curve e asimmetrie dovute a una patologia come la scoliosi che, agli occhi dei nostri giovani pazienti, diventano estremamente evidenti quando invece spesso amici e familiari dicono di non vedere proprio nulla di anomalo nella loro schiena.
Una piccola premessa. L’attenzione all’estetica della schiena riveste un ruolo fondamentale all’interno di un trattamento per la scoliosi non solo perché costituisce uno degli obiettivi del trattamento (Negrini et al., 2018), ma anche perché un’alterazione più o meno marcata dell’aspetto della schiena può avere ripercussioni sul piano psicologico.
Certo è anche che la valutazione estetica del proprio corpo e del corpo degli altri è un atto estremamente soggettivo e i dettagli a cui noi prestiamo particolare attenzione possono non essere gli stessi su cui si soffermano gli altri.
“Nel caso della scoliosi, le asimmetrie dei fianchi o delle spalle o la presenza di un gibbo possono essere per qualcuno dei difetti insopportabili, mentre per altri possono apparire degli aspetti del tutto trascurabili – spiega la dott.ssa Irene Ferrario, psicologa di Isico – Tutto questo può essere completamente indipendente dalle valutazioni cliniche oggettive e dipendere, invece, dall’umore del momento o dall’importanza che attribuiamo all’aspetto fisico in un dato contesto”.
In alcuni casi la preoccupazione per l’estetica può raggiungere livelli molto importanti e diventare una vera e propria ossessione che fa consumare tempo e risorse mentali nel tentativo di mascherare quelli che vengono percepiti come difetti.
“Minimizzare la problematica estetica o cercare di convincere i pazienti che non sono presenti difetti può, in alcuni casi, essere controproducente – continua la dott.ssa Ferrario – Nei casi più gravi, infatti, utilizzare la logica per scardinare queste convinzioni non porta a niente se non alla perdita dell’alleanza terapeutica.”.
Perché chiedere un supporto psicologico
In questi casi è consigliabile, quindi, chiedere aiuto a uno psicologo o a uno psicoterapeuta, anche se molto spesso le persone sono restie a intraprendere questo percorso perché sono convinte che l’unico modo per stare meglio sia rimuovere il difetto fisico.
Ecco perché in una terapia che funzioni dobbiamo sempre mettere al centro anche l’attenzione agli aspetti psicologici.
Da una parte, lo specialista deve comprendere e dimostrare al paziente di accettare i motivi che lo fanno soffrire. Una volta constatato che il paziente si sente accolto e capito, il terapeuta dovrà pian piano e con molta cautela iniziare a proporre la formulazione di ipotesi alternative che spieghino i motivi della sua sofferenza e dovrà supportare il paziente stesso a creare collegamenti far ciò che lo fa soffrire e l’influenza rispetto a questo dell’ambiente e delle persone con cui vive.
“Quando ci guardiamo allo specchio o in una fotografia pensiamo che ci venga restituita la stessa immagine che vedono gli altri quando ci guardano – dice la dott.ssa Ferrario – in realtà, il nostro occhio sarà sempre più allenato di quello degli altri a individuare le nostre insicurezze e i dettagli che non ci piacciono. Mentre gli altri ci osservano nel nostro insieme e non si soffermano troppo sui particolari, noi tendiamo ad analizzarci pezzo per pezzo e la nostra attenzione viene subito richiamata da quel particolare che ci mette a disagio”.
L’obiettivo principale di un percorso condiviso è ridurre il più possibile la discrepanza tra come vorrei apparire agli altri (sé ideale), come penso di dover apparire agli altri (self-guide) e come realmente appaio agli altri (sé reale).
“La terapia che sviluppiamo con il nostro paziente ha l’obiettivo di aiutarlo a ricostruire la rappresentazione della propria immagine corporea, favorendo una maggiore consapevolezza dei punti di forza e dei punti di debolezza – conclude la dott.ssa Ferrario – Nel tempo il paziente riesce a integrare questa nuova immagine, fino ad arrivare ad una visione più realistica di sé stesso e a una maggiore tolleranza nei confronti degli aspetti del proprio corpo che percepiva come negativi”.
Commenti
Commento di Bruno Leonelli
Il 31/05/2024 alle 10:23 Ciao Giovanni, |
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Il 26/05/2024 alle 00:53
buona sera..sacrosante parole…ma avvolte non è facile…ho 50 anni ..31 anni nell esercito a combattere non solo il nemico ma anche la mia scoliosi che mi porta un gibbo destro…puoi anche accettare i tuoi difetti ma quando anche i conoscenti ti accarezzano la schiena per cercare un conforto fortunoso allora crolli e cancelli la libertà mentale di piacerti…trasformandola in rabbia…ho combattuto …ho spinto al massimo il mio corpo per superare ogni ostacolo…e sono riuscito a essere ciò che desideravo ..un Militare..ma oggi a 50 anni mi ritrovo con un delirio legato al mio aspetto…delirio ricorrente ogni decennio…So lavorare su me stesso e sia sul corpo sia sulla mente …ma stavolta sta durando troppo il mio status…ho una bella vita…una famiglia…un lavoro…e le giornate sono dignitose…so anche che ciò che vedo io non è la pura realtà dell’insieme che vedono gli altri di me… ma tutte le mie forze…le mie rassicurazioni avvolte cadono quando anche un parente ti accarezza LA GOBBA…e li che sono vulnerabile. …capisco che la nostra società ancora non è preparata ad accettare un difetto e si dedica ancora a superstizioni medioevali non capendo l’enorme coltellata che dona nel porre quella mano su una patologia…ma è difficile ….molto difficile…e si crolla mentalmente…