Dibattito sul blog – “L’intervento”
Gentile signora Paola,
se dovesse lasciare il nostro blog mi dispiacerebbe molto. Il nostro tentativo è quello di non escludere nessuno. Devo dire che in questi giorni il dibattito mi ha appassionato molto (e credo che abbia appassionato anche molti altri partecipanti al blog – peccato per chi era in vacanza!) perché le sue risposte mi hanno obbligato a pensare molto: anche per questo è nato il blog di Isico, per consentire a noi medici di confrontarci meglio e di più con i pazienti, con tutte le loro voci e i loro pensieri. Quindi anche con tutti quei pazienti che non vengono da noi, ma che fanno parte del variegato mondo della scoliosi, con tutta la sua umanità e la sua sofferenza. Un mondo pieno di ricchezze temprate dalla vita e dalla malattia.
Purtroppo la sua velocità e quella del dott. Zaina mi hanno impedito di partecipare compiutamente al dibattito, anche se ho sempre approvato le risposte del dott. Zaina. In questo senso, è forse utile sapere per tutti i partecipanti al blog che le nostre risposte di Isico hanno sempre una certa “latenza” perché passano attraverso un giro di e-mail interno che consente una supervisione ed un controllo maggiore di quanto scriviamo: infatti, dobbiamo sempre cercare di tenere conto di tutti i nostri pazienti ed i partecipanti al blog, nella loro multiformità, oltre che di colui che in quel momento ci sta scrivendo; e consultarci a vicenda consente di “limare” le risposte e renderle più generali ed utili. Per questo portano tutte il bollino blu di Isico. Perché noi abbiamo un “dovere” più ampio rispetto a quello di chi interviene sul blog.
In questo senso mi sento di dire a tutti che è fortemente ingiusto biasimare il pensiero di un altro partecipante al blog, così come è inevitabile che tanti interventi possano provocare sofferenza ad altri “lettori”. Chi ha già sofferto sulla sua pelle alcune delle esperienze della scoliosi (che siano la chirurgia o il trattamento conservativo) soprattutto se le ha sentite come esperienze negative, inutili per la sua salute (e quindi solo costrittive), non potrà fare altro che soffrire leggendo di certe considerazioni. Però credo anche che possa essere una sofferenza lenitiva: perchè ci si può rendere conto che le proprie esperienze negative non sono state negative per tutti (e quindi valeva forse la pena affrontarle perché in effetti potevano essere utili), oppure ci si può liberare da pensieri che non si riuscivano neanche a fare (ma altri sono riusciti a guardare in faccia a quella realtà prima e meglio di noi, e ci fanno vedere questa loro evoluzione e quindi una strada che si può percorrere), o ancora si trovano semplicemente dei compagni di viaggio, degli amici di penna con cui poi continuerà magari un dialogo personale (e sanitario, nel senso che rende salute psciologica e morale) anche al di fuori di questo blog. E ancora tanto altro, che può accadere solo per il fatto di avere una piazza virtuale di incontro, ricco di tante e diversificate esperienze, come il blog offre.
Quindi, signora Paola, non ci lasci, perché ha tanto da offrire, e forse anche tanto da prendere.
Detto questo, non voglio aggiungere nulla a tutti gli interventi che già ci sono stati, ed al ricchissimo dialogo innestato (direi “scatenato”) in questi giorni. Gentile signora Paola, la sua testimonianza ci dice forte e chiaro, come tanti altri hanno fatto in passato, che l’intervento è cosa buona e giusta per tanti pazienti. Ci dice anche che ritardare troppo una scelta è sempre sbagliato: non appena si è sicuri che l’ntervento sia assolutamente indicato (per noi, quasi sempre dopo aver provato il trattamento conservativo, e non prima) si deve possibilmente raggiungere una scelta definitiva. La scelta giusta è comunque quella giusta per il singolo paziente e la sua famiglia e non quella del medico: quindi va pazientemente cercata insieme, considerando le possibili indicazioni mediche e soprattutto guardando in faccia a tutti i possibili benefici ed effetti negativi.
Un ultimo pensiero. Noi non siamo della categoria del suo medico che non considerava proprio l’opzione dell’intervento (almeno sulla base di quello che lei ci dice … perchè in realtà non possiamo giudicare neanche lui). Devo anche dirle che il mondo generale dei chirurghi ortopedici (di cui noi non facciamo parte, nel senso che in Isico siamo fisiatri riabilitatori, e non si effettuano interventi chirurgici: siamo totalmente dediti al trattamento riabilitativo non chirugico della scoliosi – ma collaboriamo strettamente con una serie di chirurghi in tutta Italia, alcuni dei quali visitano anche presso di noi) è oggi molto sbilanciato a favore dell’intervento. Quindi non si preoccupi: è molto più difficile trovare medici come noi, che fanno di tutto per evitare l’intervento (ogni volta che si può), rispetto a medici che lo propongono con una facilità sconcertante come se fosse una passeggiata, o che non si impegnano a fondo nel trattamento conservativo. Il mondo della scoliosi in questi anni si è ribaltato, e siamo noi l’eccezione: di questo siamo perfettamente coscienti.
Gnetile signora Paola, un carissimo augurio di serenità e di benessere.
Stefano Negrini
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Commento di Paola
Il 25/08/2010 alle 13:12
Gent. mi Dott. Negrini e Dott. Zaina,
vorrei rispondere alle vostre lettere del 23/08.
Sul libro G. Canepa, G. Stella, “trattato di Ortopedia Pediatrica”, al volume III a pag 1593 la scoliosi idiopatica viene definita una “bizzarra malattia”. La definizione di “bizzarro” dallo Zingarelli risulta essere:”che non segue i comportamenti considerati comuni ed abituali”. Dal comportamento imprevedibile di questa malattia derivano le difficoltà che hanno ancora oggi i medici nel trattare la scoliosi. E su questo credo che siamo tutti d’accordo. Quello sul quale non mi trovate d’accordo è la vostra scelta di supportare pazienti per i quali ci sono tutte le indicazioni all’intervento, nel proseguire per una strada non chirurgica. Molto spesso un paziente con indicazione chirurgica che non vuole affrontare l’intervento finirà per girare da uno specialista all’altro finché non troverà quello che gli dice quello che lui vuol sentirsi dire:che l’intervento si può scongiurare. Certo che l’intervento si può scongiurare, si può sempre evitare…basta non farlo. Che io sappia non è previsto il trattamento sanitario obbligatorio per i pazienti con scoliosi chirurgica. Ma un conto è non sottoporsi all’intervento perché non serve, un conto è perché non si vuole. Quello che eticamente si dovrebbe fare è dire al paziente che la sua E’ una scoliosi chirurgica, che la migliore soluzione E’ l’intervento, che ovviamente CI SONO dei rischi, ma che purtroppo E’ l’unico modo certo per bloccare l’evoluzione della malattia. Voi ogni tanto commettete l’errore di porre come termine di paragone per una schiena operata una schiena sana, come quando il dott. Zaina spiega che l’intervento blocca l’evoluzione sacrificando il movimento. E a questo vostro principio risponde anche la teoria che l’intervento sia una strada senza ritorno. A mio parere una schiena operata va raffrontata con una schiena scoliotica. E anche una schiena scoliotica, di grado avanzato, in età adulta è una strada senza non ritorno, visto che non ha nessuna possibilità di guarigione, scarse possibilità di rimanere stabile e invece elevate probabilità di peggiorare. Inoltre aspettare 15-20 anni dopo la maturità ossea per operarsi, come il Dott. Negrini suggerisce, è a mio avviso un grave errore. Non perché tecnicamente non si possa fare ma perché operarsi a 20 anni significa farlo quando si vive ancora in famiglia, si può contare sul sostegno fisico ed economico dei genitori e si ha un’energia maggiore per il recupero. Operarsi a 35-40 anni vuol dire molto spesso avere una famiglia di cui occuparsi e un lavoro, dai quali risulta molto difficile assentarsi per il tempo che un intervento di scoliosi richiede. Per una madre 35-40enne sarà molto difficile non solo accettare l’intervento, ma anche organizzarsi per affrontare tutto ciò che l’intervento comporta. Queste sono cose che secondo me vanno tenute in serissima considerazione. E andrebbe anche tenuto in considerazione che una scoliosi grave ha come conseguenza complicanze polmonari e cardiache. Aspettare tanto significa anche un aumento del rischio operatorio, proprio in virtù di queste complicanze. Pertanto credo che, se è vero che tecnicamente c’è sempre tempo per l’intervento, è pur vero che esiste un periodo”ideale” in cui affrontare l’intervento . Conosco il vostro punto di vista “anti-interventistico”, perché era la stessa filosofia dell’ortopedico che mi ha avuto in cura per un decennio. Era la stessa perché quel medico, scomparso nel 2003, era probabilmente il vostro maestro. Io non so perché lui abbia voluto ostinarsi tanto con me, tanto da cercare di convincermi fino all’ultimo a non affrontare l’intervento (avevo 21 anni e circa 50° di scoliosi che dopo 2 anni, al momento dell’intervento erano già diventati circa 58). Io credo ancora nella sua buona fede, gli ero affezionata e non voglio pensare che abbia sbagliato o che la sua fosse solo una questione di principio. Però mi chiedo cosa sarebbe ora di me se lo avessi ascoltato. Mi ha trasmesso talmente tanta diffidenza nei confronti dell’intervento che per me è stato molto difficile dover decidere di affrontarlo (da sola, contro i miei genitori che ovviamente si fidavano di lui). E’ vero, io purtroppo ho dovuto subire la “doppia fregatura” dei corsetti e dell’intervento, ma la “fregatura” vera non me l’ha data il chirurgo che mi ha operata, bensì l’ortopedico che si è ostinato a non ammettere che la mia era una scoliosi chirurgica. Al momento non sento di aver intrapreso una strada senza non ritorno, almeno per me, per il mio caso, sarebbe stata senza non ritorno se non mi fossi operata. Per me è stato un nuovo inizio, una nuova vita. Quello che davvero non tornerà sono gli anni della fanciullezza. Per me sarebbe stato l’ideale il concetto anglosassone del “wait (io aggiungo wish) and see”. Per concludere vorrei ribadire che un paziente ( consideriamolo maggiorenne) con chiara indicazione chirurgica che viene da voi dopo aver passato 2 o 3 chirurghi, viene da voi per sentirsi dire quello che vuol sentirsi dire. Ha paura. Il vostro compito non credo sia quello di fornirgli un’alternativa, credo sia quello di dissipare le sue paure con corrette ed imparziali informazioni, di indirizzarlo verso un centro serio e specializzato ed eventualmente di seguirlo nel periodo preparatorio all’intervento con esercizi propedeutici. Nel caso in cui proprio non ne voglia sapere, avvisatelo di tutte le conseguenza e spiegategli che ogni trattamento sarà esclusivamente palliativo.
Cordiali saluti.
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Commento di Paola
Il 25/08/2010 alle 08:45
Raffaella perchè continui a non capirmi???? Non ho mai detto quanto sia bello operarsi. Il dolore post-operatorio l’ho provato anche io. Se avessi potuto scegliere sarei nata sana. Ho scritto solo(e lo ribadisco) che l’intervento E’ NECESSARIO molto più spesso di quanto si dica. Oltre ai miei commenti per piacere leggete anche quelli di Claudia e Arianna. Avere due stecche nella schiena non significa necessariamente vivere da disabili. Non significa necessariamente dover partorire con il cesareo (io ho avuto 2 parti naturali, senza problemi). Se significa necessariamente avere dolori una volta arrivati a 50 anni non lo so. Mi auguro di no. Cerco di prendere le cose come vengono e di vivere bene finchè posso, visto che tanto mi è già stato tolto. Il mio desiderio era solo di lasciare una testimonianza, che io credevo essere positiva. Visto che così non è e anzi, purtroppo e me ne dispiace, Raffaella ha pianto a causa dei miei commenti, preferisco salutarvi. Non importa se abbiamo storie e idee diverse, vi abbraccio tutti e vi faccio davvero tanti, tanti auguri.
Paola
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Commento di Fabio Zaina
Il 23/08/2010 alle 11:02
Cara Signora Raffaella,
mi spiace che la discussione sulla chirurgia riapra in lei vecchie ferite e brutti ricordi. La Signora Paola ha riportato la sua esperienza, che per fortuna è positiva, con l’intervento. Lei è contenta della sua scelta, che ha posto fine a tanti anni sofferti, e noi siamo contenti per lei. Come tutti i post in questo blog è un punto di vista, è una storia personale che penso sia stato utile leggere per confrontarsi. In altri post ha poi circostanziato la sua posizione.
Oguno deve trovare la sua strada, e ascoltare anche i racconti di quelli a cui è andata bene con l’intervento, è senz’altro utile se si decide di seguire la stessa strada. Ogni scelta ha la sua dignità.
Perciò, cara Signora Raffaella non si rattristi, ma guardi avanti. La vita riserva sempre cose belle dopo i periodi brutti.
In bocca al lupo.
Fabio Zaina
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Commento di Raffaella
Grazie dott. Zaina per la sua lunga risposta che condivido in pieno e non vedo l’ora di essere al 7 Settembre, giorno in cui abbiamo appuntamento con Lei per mia figlia Annalisa.
Per favore può dire a Paola di smettere di sproloquiare su quanto è bello operarsi, sinceramente sono giorni che piango ripensando a quanto invece sia stato orribile quel mese in ospedale, l’operazione, il postoperatorio e tutte le altre conseguenze (ernia cervicale a 29 anni, parto cesareo, mal di schiena ad ogni minimo sforzo, perfino stando troppo seduta non riesco più ad alzarmi).
Ripeto che mia figlia non passerà tutto questo finchè sarà possibile, poi se da adulta ne avrà bisogno deciderà se operarsi o meno, è ovvio che come ho già detto ogni caso è a parte e in certe situazioni l’operazione è il minore dei mali.
Se i miei genitori,che odio per questo, si fossero presi la briga di farmi controllare prima dall’ortopedico invece di aspettare i 13 anni quando il danno era stato fatto e di consultare magari un altro medico prima di sbattermi sul lettino operatorio, probabilmente non sarei a questo punto, magari la mia scoliosi si poteva fermare prima e non sempre in età adulta peggiora, non è una regola.
Spero che nessuno debba mai più passare l’inferno dell’intervento, se ci si cura in tempo in molti casi si può vincere senza chirurgia (a proposito il busto non è affatto cruento, il bisturi si).
Con questo chiudo i miei interventi e mi dedico a mia figlia, mi rattristo troppo a sentire certe assurdità
Saluti e grazie ancora
Raffaella
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Commento di Stefano Negrini
Il 23/08/2010 alle 10:40
Gentilissima Signora Paola,
intervengo anch’io a completamento dell’intervento del Dott. Zaina, che peraltro condivido ed illustra molto bene il nostro atteggiamento come Isico: lottare il più possibile per cercare di evitare l’intervento, ma anche prescriverlo quando è inevitabile ed aiutare il paziente e la famiglia ad accettarlo; ma anche rispettare a fondo la sua scelta se decide di non farlo e quindi continuare a lottare con lui per dargli la miglior schiena possibile a fine crescita. Ci sono alcune brevi premesse al mio intervento (alcune sono anche post-scriptum a quello del Dott. Zaina):
- rispettiamo profondamente la sua dolorosa esperienza individuale, che però forse l’ha portata a generalizzare delle considerazioni che non si applicano per forza a tutti.
- le nostre risposte al blog devono tenere conto di tutti i pazienti, alcuni che come lei sono già giunti ad una prima conclusione della loro storia con la scoliosi, altri che stanno vivendo oggi quello che lei ha vissuto in passato (ai quali va per forza la nostra massima attenzione – anche perché si tratta di adolescenti in formazione e non adulti già formati), altri ancora che hanno superato il suo stadio attuale e si trovano in un’età anziana in cui la prospettiva cambia ulteriormente.
- la sua posizione forse non corrisponde completamente (ma di certo si avvicina molto) ad un atteggiamento ampiamente diffuso in letteratura, fatto proprio praticamente da tutto il mondo anglosassone, che adotta la pratica del cosiddetto “wait and see”, letteralmente “aspetta e vedi”, che significa che non usano più alcuna terapia per la scoliosi e se questa peggiora oltre una certa soglia operano; non credo che questa sia la sua posizione (lei la evoca solo per “le scoliosi che gli ortopedici in cuor loro sanno che evolveranno”), ma è comunque una posizione su cui noi abbiamo molto riflettuto in questi anni, con cui ci scontriamo, ed il cui rifiuto sta alla base delle nostre scelte professionali e scientifiche, ma anche umane ed oserei dire etiche e morali: quindi la chiarezza in merito non è mai troppa.
C’è una sua considerazione di fondo su cui mi trova pienamente d’accordo: essere operati dopo 11 anni di trattamento con corsetti e gessi ripetuti (come nel suo caso) è una cattiveria, di certo peggiore che essere operarti subito evitando la vita dura a cui il corsetto costringe. C’è però un’ulteriore scala di “valori” in cui ci sono almeno altre due cattiverie peggiori:
- essere operati – con conseguenze tutta la vita – quando lo si può evitare del tutto, sia pure con dei sacrifici (come è il caso di Sabrina che oggi ha solo 15° di scoliosi in una radiografia fatta senza corsetto dopo 6 ore che l’aveva tolto – a proposito, Sabrina, continua a darci dentro !)
- mettere un corsetto inefficace o addirittura dannoso, che rappresenta solo un cilicio: sia che poi all’intervento si arrivi (peggio) sia che lo si eviti (per fortuna).
Chi poi abbia la “colpa” di queste cattiverie è un’altra storia, perché essendo adulti sappiamo benissimo che non c’è il bianco ed il nero, il buono ed il cattivo: di certo una colpa piena ce l’ha la malattia scoliosi; altre volte però (non sto dicendo che sia il suo caso, perché non lo so proprio e da come lei ce lo descrive sembra di no) ci si mettono in mezzo i medici che possono sbagliare, ma anche i genitori o i ragazzi stessi che non fanno quello che devono fare; poi ci sono ciarlatani e praticoni vari di tutte le professioni o pseudo-professioni; altre volte si tarda troppo nell’onesta convinzione di potercela fare, altre ancora non si ha il coraggio di affrontare certe scelte; ma la realtà spesso è una combinazione di tutti questi fattori (attenzione che la nostra memoria poi ce ne fa ricordare solo alcuni), perché quando la scoliosi è grave è necessario che tutto si combini al meglio per evitare di giungere all’intervento.
Entrando ulteriormente nel merito del suo intervento, vorrei anche sottolineare che quasi mai noi medici possiamo sapere a priori che la chirurgia è veramente inevitabile, perché la prognosi è talmente individuale e dipende da talmente tanti fattori (alcuni legati alla malattia, altri come quelli di cui sopra del tutto umani) che la speranza è impossibile negarla in prima visita a quasi tutte le scoliosi, anche a quelle gravi. Certamente, però, deve giungere un momento in cui le cose si chiariscono, in cui si capisce che fine farà quella schiena: è quello il momento in cui normalmente noi chiediamo se possibile una decisione definitiva ai genitori ed al ragazzo. Sappiamo che più di così non si può ottenere, sappiamo che a fine crescita se continuiamo a lavorare bene e non ci saranno intoppi la scoliosi sarà comunque troppa per dare garanzie in età adulta, sappiamo che comunque ci aspettano almeno altri 3-4 anni di corsetto e che vale la pena affrontarli solo se si decide di non giungere all’intervento, altrimenti meglio operarsi subito piuttosto che continuare con la “cattiveria” di un corsetto e poi arrivare comunque alla fusione vertebrale. Quindi, in questo senso, recepiamo completamente quello che lei dice, ma non lo facciamo “a priori”, senza averci provato neanche, come fanno gli anglosassoni, ma anche alcuni colleghi europei ed italiani (con l’aggravante a volte di non dirlo, ma di mettere corsetti a cui non credono, che non verificano adeguatamente, e che risultano del tutto inefficaci, in attesa eventualmente di operare). Quando si cura una scoliosi, se si vuole avere la speranza di riuscirci, non si può partire dicendo “tanto al massimo, se peggiora, poi la operiamo”: si deve dire “non la dobbiamo operare, facciamo di tutto per non operarla”: è la differenza che passa tra un atleta vincente (che sa che può perdere, ma che non ci pensa neanche finché non succede) ed uno che parte già sconfitto nella testa, prima di esserlo poi inevitabilmente la maggior parte delle volte anche nei fatti.
Nel caso poi di una scoliosi giovanile come la sua, il tutto è aggravato dal fatto che fino a qualche anno fa non si poteva di certo operare una schiena che aveva ancora troppa crescita residua; oggi, che si può operare, si sa che lo si dovrà fare a più riprese: ne vale la pena ? Non si prova neanche ad evitarlo ? Si affrontano tutti questi anni di terapia ? Come li si affronta ? Non facendo nulla e proibendo tutto, o continuando la propria vita il più possibile ? Insomma, nelle scoliosi giovanili entrano tante altre onsiderazioni che lei ha provato sulla sua pelle. Tenga però presente che l’ha fatto in un certo contesto terapeutico (sia come terapie effettuate che come indicazioni rispetto alla vita di tutti i giorni), che forse in un altro sarebbero state più accettabili e vissute meglio (o forse no…).
Infine, signora, un’ultima considerazione. Nella medicina attuale e moderna, non più paternalistica come quella di una volta, le scelte devono essere operate da un team in cui c’è la competenza del medico (con le sue conoscenze scientifiche e le sue capacità professionali ed umane) ma anche i valori di una famiglia: nel campo della scoliosi le cose vengono complicate dal fatto che l’adolescente è ancora in formazione e che gran parte delle scelte, per quasi tutta la terapia, vengono fatte nel bene e nel male dai genitori. Questo è giusto, perché si tratta di minorenni, che possono e devono partecipare alla scelta ma non hanno ancora quella visione della vita così ampia da consentire loro di ponderare al meglio il tutto (sempre che lo si possa fare completamente). Quindi, può succedere che i genitori prendano una scelta attendista che consenta ai figli, diventati adulti, di decidere in pieno della loro vita: e nel frattempo li curano per cercare di evitare quello che a loro sembra la cosa peggiore, ossia l’intervento. Perché mentre dalla chirurgia non si può più tornare indietro, dalla terapia conservativa si può sempre poi cambiare opzione ed operarsi. Fermo restando che io credo che se si arriva alla maggiore età con il corsetto addosso, allora quanto meno si dovrebbe aspettare di vivere i primi 15-20 anni di vita adulta prima di operarsi (e farlo poi solo se proprio necessario perché si sta peggiorando). Questo per evitare la doppia “fregatura”, corsetto ed intervento, che purtroppo lei conosce bene. So però che questo è un pensiero mio e nostro di Isico, e non quello di tutti i colleghi…
Gentile signora Paola, grazie del suo intervento che ci ha consentito di spiegare che cosa facciamo e perché.
Tanti cari auguri di una vita serena.
Stefano Negrini
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Commento di Fabio Zaina
Il 23/08/2010 alle 10:30
Cara Signora Paola,
qui nessuno presenta l’intervento come “un inferno senza ritorno” come dice lei, ma come una “terapia senza ritorno”. L’intervento è definitivo, se le cose vanno male non si può ripristinare la mobilità della colonna. Quindi è una scelta definitiva. Può andare bene, e questo accade nella maggior parte dei casi, o può andare male, ma in ogni caso non si torna indietro.
Quando arrivano da noi situazioni che sono già considerate chirurgiche, noi spieghiamo chiaramente la situazione, ma molte famiglie, come ho già scritto, si rivolgono a noi proprio perché non condividono l’idea dell’intervento. Cosa dovremmo fare allora, da un punto di vista etico: dire che non c’è nulla da fare? Dire che assolutamente devono tornare dal chirurgo? Oppure lavorare al meglio con gli strumenti che abbiamo per cercare di migliorare la situazione e permettere di scongiurare la necessità dell’intervento? Perché, cara signora Paola, scoliosi di 50° o anche di più che migliorano e arrivano a fine cura ampiamente al di sotto di tale soglia, ne abbiamo e sono tutt’altro che poche. Ma in tutta franchezza nessuno è in grado di individuare prima chi avrà dei buoni risultati e chi invece no. Allora l’unico modo è provarci, se la famiglia lo desidera, e farlo con determinazione. Perché la scoliosi in adolescenza è sempre evolutiva, non esistono scoliosi non
evolutive. Quando si scopre una scoliosi vuol dire che un’evoluzione c’è già stata, altrimenti la colonna sarebbe dritta. Poi, la scoliosi può evolvere tanto o poco, può essere scoperta quando ha già concluso la sua fase evolutiva, ma questo lo si scopre solo dopo, non è possibile saperlo prima.
Capisco benissimo che mettersi un corsetto non sia una passeggiata, capisco benissimo che un gesso sia anche peggio, e portare il corsetto per tanti anni abbia un impatto enorme nella vita di un adolescente. Nessuno dice che non lo sia. Cara Signora Paola, è vero che io non ho mai indossato un gesso né un corsetto, ma questo non è certo un limite. Non credo che lei per farsi operare sia andata alla ricerca di un ortopedico che a sua volta fosse stato operato per la scoliosi perché in questo modo sarebbe stata compresa meglio e avrebbe trovato un medico più umano. Nessun malato di tumore pretende di essere curato da un medico a sua volta affetto dallo stesso problema, così vale per tutte le patologie. Ciascun medico cura quasi esclusivamente patologie che non ha mai avuto, e non potrebbe essere diversamente. Ma ho visto tante ragazze che hanno portato il gesso e il corsetto, e so cosa significhi. E’ uno dei motivi per cui oggi, come ho già scritto non usiamo più il gesso, ma un corsetto, che permette di evitare la trazione, il ricovero, i dolori e gli effetti collaterali del gesso. Cerchiamo di usare corsetti meno invasivi dal punto di vista psicologico e fisico come lo SpineCor, quando è possibile, e abbiamo messo in pensione il Milwaukee. E usiamo gli esercizi per cercare di ridurre le prescrizioni del corsetto. Proprio perché, pur non avendo mai indossato corsetti e gessi siamo convinti che siano una terapia pesante, che deve essere usata solo in maniera ponderata, come, del resto, tutte le terapie.
Sul fatto che la scoliosi non sia solo un problema estetico ci trova pienamente d’accordo, ma l’aspetto estetico è comunque molto importante. Magari le sembrerà strano, ma a volte capita, e non di rado, che arrivino ragazze e famiglie preoccupate solo dell’aspetto estetico, a prescindere dall’entità della scoliosi. Inoltre, molti studi sono stati pubblicati sulle donne affette da scoliosi e le loro relazioni con l’altro sesso, che dimostrano delle difficoltà di relazione legate proprio alla poca autostima “estetica”. E non sono studi sulle adolescenti in corsetto, sono studi sulle donne che hanno dovuto curarsi. Daniela, che ringrazio, ci porta proprio oggi la sua testimonianza a proposito. Non dobbiamo, potendolo fare, migliorare anche questo aspetto? Facciamo una cosa inutile? Il significato dei casi clinici da lei citato è che, anche con curve importanti, stabilizzate o migliorate con il corsetto, si può comunque avere un notevole miglioramento estetico. Poi bisogna precisare che nessuno di noi in ISICO ha parlato di guarigione per la scoliosi (e la parola guarigione non è riportata neanche sul sito del GSS). Il fatto che la terapia sia finita non implica che la scoliosi sia guarita, dato che dalla scoliosi non si guarisce. Guarire vorrebbe dire tornare a zero gradi, cosa che è realmente eccezionale, ma ciò che conta in realtà è avere una curva lieve anche se la colonna non è perfettamente dritta. La terapia della scoliosi finisce al termine della crescita ossea, normalmente un po’ prima di quando ha finito lei, a parte i casi gravi scoperti molto tardi o quei casi in cui la maturazione ossea è più lenta della media. A quel punto si entra nella fase del monitoraggio, con controlli periodici ogni anno, biennali o triennali a seconda dell’entità. Se a un certo punto la scoliosi inizia a peggiorare ci sono 2 possibilità: sottoporsi all’intervento, oppure mettersi a fare regolarmente esercizi specifici per mantenere la situazione stabile. Dare per scontato che una scoliosi di 40°, arrivati alla soglia della mezza età sia diventata per forza una scoliosi di 55°-70° non è poi giustificato dalla letteratura scientifica. Una scoliosi di 40° è a metà strada tra le situazioni che sono stabili, cioè quelle sotto i 30°, e quelle che peggiorano quasi sempre, cioè quelle al di sopra dei 50° (tenendo sempre presente che le soglie in medicina sono relative). E anche i dolori non sono affatto scontati. Lei ha scritto: operare oggi per migliorare la qualità di vita domani. Ma se non fosse necessario operare? Se la qualità di vita, dopo il trattamento fosse sufficientemente alta da non richiedere l’intervento? Che vantaggio c’è a operarsi a 20 anni perché magari a 50 ci saranno problemi? Non è meglio operarsi a 50 anni e solo in caso di problemi? E se uno poi cambia idea? Cara Signora Paola, lei giustamente chiede delle garanzie, ma le variabili in gioco sono troppe, e in medicina, comunque, non esistono mai certezze. Quello che un medico può e deve fare è non cercare di vendere ai suoi pazienti quello che non sa, quello che non può controllare. Ma possiamo informare le persone e aiutarle a scegliere. Aiutarle a curarsi secondo il loro modo di vedere la vita. Chi desidera operarsi fa bene ad operarsi, ma deve farlo con convinzione e con cognizione. Deve sapere cosa sta facendo. Pro e contro, rischi e benefici e quali siano le alternative. Sa quante volte arrivano da noi persone spaventate dopo una visita dal chirurgo perché gli è stato detto: “se non si opererà finirà in carrozzina! Deve operarsi”. Lei pensa sia giusto operarsi per il terrorismo esercitato da un medico? E sa quante volte queste persone spaventate mi chiedono informazioni sull’intervento, in cosa consiste, quali sono i rischi, perché il chirurgo li ha liquidati dicendo: “le spiegherò l’intervento dopo che avrà deciso di operarsi!”, oppure semplicemente “l’intervento andrà benissimo, non ci sono rischi”. Queste frasi mi sono state riportate dai pazienti. Per fortuna esistono anche molti chirurghi seri e professionali che forniscono le informazioni e non fanno terrorismo, e sono sicuramente la maggioranza. Ma esistono anche le mele marce, come in tutti gli ambienti. Peraltro, per essere equanime sino in fondo, non mancano neanche i millantatori tra chi si occupa, come noi, di trattamento conservativo. Chi garantisce risultati come certezze assolute, chi rifiuta a tutti i costi l’intervento chirurgico, chi rifiuta a tutti i costi i corsetti e indica solo di fare esercizi, chi si è inventato il suo metodo terapeutico con gli esercizi, chi prescrive esclusivamente i plantari (!), i bite (!!), le manipolazioni (!!!) e via discorrendo. Noi cerchiamo semplicemente di seguire una strada che si basi sulle attuali conoscenze scientifiche e, quando la situazione è grave, quando la scoliosi purtroppo in ogni caso sarà un problema per il resto della vita (se operati, perché la schiena sarà rigida; se non operati, perché si dovrà restare sotto controllo nel tempo; in entrambi i casi, perché quasi sicuramente ci sarà bisogno di altre cure nel tempo), ci affianchiamo ai pazienti che ritengono che l’intervento non sia la loro strada per aiutarli a stare il meglio possibile negli anni. E questo, rispettando sino in fondo chi sceglie la strada dell’intervento.
Quanto a me, rispondo volentieri alla sua domanda, che trovo assolutamente legittima: sono Fisiatra, non Ortopedico. Durante la scuola di specialità ho avuto l’occasione di seguire in sala operatoria gli interventi per la scoliosi fatti sulle ragazzine di 13-14 anni, durante i quali facevo il monitoraggio dei potenziali evocati somatosensitivi per controllare che l’operatore non danneggiasse il midollo. Conosco la chirurgia anche se non l’ho mai praticata, conosco i risultati della chirurgia perché abbiamo in carico molti pazienti operati. Credo nella chirurgia, credo nei corsetti, credo negli esercizi, credo che un giorno troveremo terapie meno crudeli per la scoliosi. Oggi abbiamo queste. Sono un medico, e il mio lavoro è aiutare i miei pazienti in base alle mie competenze, alla mia conoscenza e alla mia coscienza. Questo è quello che cerco di fare.
A volte la strada è quella dell’intervento, ma di certo questa non è la soluzione per tutti.
Voglio solo aggiungere una cosa: sono sinceramente dispiaciuto che lei abbia patito tanto durante l’adolescenza, e sono invece contento che oggi sia soddisfatta della scelta dell’intervento. Ma alla fine ha trovato la sua strada, e questo è importante. La prego inoltre di credere che le mie parole non erano volte in alcun modo a criticare lei, le sue scelte e quello che ha passato, ma solo a far vedere l’altra faccia della medaglia rispetto a quanto emerge dai suoi post.
Le faccio un grosso in bocca al lupo.
Fabio Zaina
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Commento di Paola
Il 22/08/2010 alle 09:39
Ragazzi, davvero qui mi sembra di scrivere a sordi che non vogliono sentire. Quello che mi fa male da paziente e dopo averne passate tante ma tante è vedere che ancora dopo tanti anni, l’intervento chirurgico venga presentato come un inferno senza non ritorno a pazienti per i quali purtroppo l’intervento chirurgico sarebbe la migliore soluzione e ai quali viene presentata invece per anni l’illusione di una guarigione. Purtroppo alcune scoliosi sono evolutive, evolutive senza speranza, evolutive qualsiasi cosa tu faccia. Dare un’alternativa al paziente significa avere il coraggio di dirglielo, di fargli sapere che c’è un’elevata probabilità che anni e anni di cure cruente di gesso e corsetto potrebbero non servire. Il dott. Zaina spiega giustamente che purtroppo data la giovane età dei pazienti scoliotici, queste decisioni devono essere prese dai genitori. E qui mi chiede se ho idea di cosa provi un genitore a prendere decisioni in merito alla salute dei propri figli. Sì lo so, perchè ho visto i miei genitori soffrire per anni, sempre chiedendosi se le scelte intraprese sarebbero state quelle giuste. Sì lo so perchè sono genitore anche io ed essere genitore significa proprio avere il coraggio di prendere decisioni per il bene dei propri figli, siano esse decisioni difficili o tormentate. Ovviamente una decisione viene presa in base alle informazioni che si hanno e qui la responsabilità ricade sui medici. So che la medicina non è una scienza esatta e per qualsiasi patologia non esistono risposte certe ma percentuali e possibilità ma se io sapessi che c’è un’alta percentuale che mia figlia dopo aver portato anni di corsetti potrebbe egualmente arrivare in età adulta con una scoliosi di 50° (sapendo anche cosa comportano 50° di scoliosi in età adulta) forse sarei in grado di considerare anche la possibilità di un intervento chirurgico. E qui il dott. Zaina mi chiede se so quali rischi comporta un intervento chirurgico. Sì lo so dottore, lo so perchè non mi sono buttata sul lettino operatorio come per andare a fare un massaggio…ogni intervento ha dei rischi. Muoiono bambini anche durante banali interventi di tonsillectomia e nemmeno quelli mi pare siano interventi salvavita, come non lo sono gli interventi di mastoplastica additiva praticati su 18enni e con fini esclusivamente estetici. Qui stiamo parlando di un intervento di scoliosi fatto per migliorare la qualità di vita futura del paziente, non credo che esista un chirurgo ortopedico che si metta a proporre interventi inutili tanto per passare una giornata in sala operatoria. Chi può dire con certezza che la signora Luciana se non avesse fatto l’intervento ora starebbe meglio? Chi può dire lo stesso a mamma Raffaella? Ho guardato le foto post trattamento dei casi clinici del GSS (http://www.gss.it/notizie/casi.htm) e riportano anni di terapia in gessi e/o corsetti gessati con miglioramenti minimi (a volte nulli) ma con un risultato estetico (cito testualmente) soddisfacente. Già questo mi sembra fumo negli occhi perchè la scoliosi non è un problema solo estetico e dire che una ragazzina di 24 anni (caso clinico 8) con 40° gradi di scoliosi lombare, che partiva da 40°di scoliosi lombare sia guarita (c’è scritto fine trattamento, quindi presumo che a parte i controlli periodici la ragazza non debba fare altro) mi sembra azzardato. Vorrei sapere come starà quella ragazza tra 30 anni, quando sarà una donna di 54 (e quindi per niente da buttare via…avrà appena qualche anno più di Sharon Stone) magari dopo due figli, dopo anni di lavoro sedentario e di accudimento della famiglia. Probabilmente avrà tra i 55° e i 70° di scoliosi, certamente avrà dolori, il risultato estetico sarà andato a farsi friggere da un pezzo e quello che è certo non avrà sicuramente nè la forza nè la voglia di subire un intervento chirurgico a quell’età perchè ora non ha nessuno che si occupi di lei durante la convalescenza ma al contrario non sa come farebbe la sua famiglia senza il suo aiuto mentre lei si cura. La stessa cosa penso si possa dire del caso clinico 5, del 2 e dell’1. Ovviamente sono delle supposizioni personali da paziente ignorante. Lei dott. Zaina mi può garantire che 50° di scoliosi a 18 anni significhi essere guariti, aver evitato l’intervento e tra 20 anni, dopo magari 2 figli (che non significa solo gravidanza ma tenerli in braccio e accudirli) non avere dolori, poter fare sport a piacimento e riuscire a muoversi agevolmente? E’ vero, come dice Emy che se c’è un’alternativa va provata ma credo che nessuno possa negare che a volte l’alternativa non c’è e un ortopedico questo lo sa, non con la certezza del Padreterno ma con il semplice aiuto dell’esperienza e degli studi di chi lo ha preceduto. Ripeto, io ho scelto l’intervento a 23 anni, come scelta personale, ragionata, consapevole. Questa scelta mi ha permesso di non prendermela con i miei genitori per aver scelto al posto mio ma aver tardato tanto, aver cercato l’alternativa che non c’era è costata la perdita di un’infanzia e di un’adolescenza. Lei sa dott. Zaina cosa significhi avere 8 anni ed essere ricoverati una settimana in ospedale senza che permettano a tua mamma di dormire lì con te? Sa cosa significhi rimanere a 8 anni per 3 giorni e 3 notti in trazione? Dopo un po’ mi facevano male i denti e la mandibola. Piangevo. L’infermiera di notte mi ha ficcato in bocca una pastiglia antidolorifica: non voleva slegarmi per farmela ingoiare. Era fiele. Chiamavo l’infermiera, suonando il campanello, perchè mi veniva da vomitare ed ero legata a pancia in su con la bocca serrata dalla mentoniera. Non mi ha slegato, non mi credeva. Mi ha slegato solo quando ho vomitato davvero e si è accorta che stavo soffocando. Lei sa, dott. Zaina cosa significhi fare un gesso, in trazione su un impalcatura, con le spinte che ti spaccano le costole? Lei sa dott. Zaina cosa significhi portare per 32 mesi (3 trattamenti da 8 mesi) un gesso di Risser? Sa quanto male fanno le piaghe che un gesso a volte provoca ? Sa cosa significhi portare per 8 anni il corsetto, non fare mai una lezione di ginnastica con i compagni, non scatenarsi con loro all’intervallo.Non andare con loro in giro in bici perchè con un Milwaukee addosso andare in giro in bici è quasi impossibile? Per non parlare della sofferenza psicologica di vestire sempre e solo con tute o con abiti di 3 taglie più grandi, o di guardare un ragazzino che ti piace, sapendo che lui non ti guarderà mai. Non è limitazione alla vita quella? Non dico di operare una ragazzina a 13 anni. Dico che se quella ragazzina ha una scoliosi per la quale c’è un elevato rischio di evoluzione, forse è il caso di spiegare ai genitori che anni di trattamento e sofferenza potrebbero non servire. E’ da escludere nei casi più gravi, la scelta di non portare trattamenti contenitivi e di operarsi a 20 anni? Io avrei voluto che qualcuno mi prospettasse questa possibilità. Dopo l’intervento è ovvio che non mi cimento in capriole e salti mortali, la mia schiena è bloccata da D2 a L3, non è poco, non vado a sciare semplicemente perchè non ho mai sciato in vita mia e non mi piace per niente il freddo. Però sono riuscita a laurearmi senza andare fuori corso, pur avendo fatto l’intervento al 4° anno di università, nessuno mi ha mai discriminata sul lavoro, non ho mai rinunciato a prendere in braccio i miei figli per colpa del mal di schiena e la mia mente non è bloccata ma serena. Faccio più attività sportiva della maggiorparte delle 38enni che conosco, cose semplici, come la corsa, ma con l’allenamento costante sono riuscita ad arrivare all’ora, 10 km. Da poco ho ripreso a praticare il Karate, ero cintura marrone prima dell’intervento e non ho mai smesso di sognare la nera. Il mio maestro conosce i miei limiti e li conosco anche io, ma riesco a fare quasi tutto e ho l’illusione di credere che non potrò che migliorare. Quindi se non ho risolto tutto con l’intervento, perchè credo che l’unica cosa che possa risolvere tutto sono i miracoli, posso dire che mi sento, come tutti, abbastanza felice e l’unica cosa che rimpiango è di non aver avuto un’infanzia e un’adolescenza spensierate. Vorrei che la mia fosse vista come una testimonianza positiva per quelli che devono affrontare l’intervento. E lei dott. Zaina, se mi permette la domanda diretta, non fatta con malizia, ma solo per capire meglio gli ortopedici come lei che non confidano nella chirurgia. Lei opera o no? E’ un chirurgo ortopedico o no?
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Commento di Fabio Zaina
Il 25/08/2010 alle 10:58
Cara Signora Paola,
come scritto anche in altri post, nessuno tra quanti fanno parte di ISICO demonizza l’intervento. E’ una terapia con vantaggi e svantaggi, come tutte. Il suo limite principale è il fatto di essere irreversibile, quindi deve essere scelto con grande cautela, perché non lascia una seconda possibilità.
Per il futuro di chi ha la scoliosi, come sempre in medicina è tutto molto soggettivo. Ci sono persone operate che hanno mal di schiena (i dati pubblicati dagli ortopedici parlano del 30%) e ci sono persone non operate che soffrono dello stesso problema.
La nostra esperienza sulla gestione del dolore è del rischio di peggioramento con gli esercizi è positiva: quasi sempre riusciamo ad ottenere dei buoni risultati. E il consiglio che diamo agli adulti con scoliosi importanti è di provare prima con gli esercizi, e se le cose non migliorano a sufficienza poi valutare l’intervento. La cosa che non condividiamo è operare preventivamente, per prevenire il possibile dolore o il possibile eggioramento.
Ma in ogni caso sono scelte personali. Ognuno deve trovare la propria strada.
Fabio Zaina
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Commento di Paola
Il 20/08/2010 alle 20:02
Gent. Dott. Zaina,
comincio con il ringraziarla per la gentile, esaustiva e paziente risposta. Credo che nessun ortopedico abbia mai perso tanto del suo tempo per me (a parte mio marito). Comincio a rispondere alla sua domanda conclusiva e nella quale non ho letto nessuna malizia. Come ho scritto in una risposta, mi sembra alla signora Raffaella, credo che purtroppo dalla scoliosi non si guarisca, ma bisogna conviverci tutta la vita, sia che si affronti l’intervento sia che si riesca ad ottenere un risultato soddisfacente con i corsetti. Io, come credo tanti altri, la scoliosi ce l’ho ancora nella testa e ovviamente alcuni segni li porto anche sul corpo, come ad esempio la mia cicatrice. In ogni caso lei sa che un intervento non risolve tutto, è ovvio che non possa risolvere tutto e nessuno, nè medici, nè pazienti se lo aspetta. Per questo sono finita su un blog che parla di scoliosi, perchè la scoliosi purtroppo farà parte della mia vita per sempre. Lo so che l’intervento di artrodesi ha dei rischi e quello che lei scrive lo condivido e sono le stesse parole che ho scritto nella mia risposta alla giovane Sabrina:ogni intervento per quanto banale ha dei rischi. Non ho mai pensato che l’intervento chirurgico sia l’unica soluzione per la scoliosi, come non penso che l’unica soluzione sia (magari lo fosse) il trattamento con i corsetti. Vorrei solo che l’intervento non venisse demonizzato, così come lo ha demonizzato per tanto tempo l’ortopedico che per una vita mi ha avuto in cura e così come mi sembra che venga demonizzato ancora oggi. Mi creda, io ho affrontato l’operazione con fiducia ma anche con tanta paura. Quando ho riaperto gli occhi per prima cosa ho guardato l’orologio in sala risvegli e ho capito di essere viva: un orologio, il tempo che scorre mi sembrava il segnale che ero ancora sulla terra; poi ho mosso i piedi, e ho realizzato che avrei camminato ancora. Da lì in poi c’è stata tanta sofferenza è ovvio, ma ai sacrifici ero ben abituata. Lungi da me affermare che l’intervento è una meraviglia, è una terapia cruenta è chiaro, con dei rischi, un disastro biomeccanico per il corpo, tutto quello che vuole ma purtroppo a volte è inevitabile e accanirsi con terapie contenitive credo sia inutile e crudele. Lei porta gli esempi della signora Raffaella e della signora Luciana che dopo l’intervento soffrono ancora, per dolori fisici e non solo. Ma quello che le chiedo è: come stanno quelli che non hanno affrontato l ‘intervento e a 50 anni si ritrovano con 50° di scoliosi, con la prospettiva di arrivare a 80 anni (magari) con 70°? Conosco ragazze della mia età, curate con corsetti, che hanno scelto di non operarsi e che ora non possono prendere in braccio i loro figli. Non possono fare nessuna attività sportiva e anche solo lo stare troppo tempo in piedi provoca loro forti mal di schiena, e hanno solo 35-40 anni. Cosa sarà di loro tra 20 anni? Cosa sarà di me? Chi lo sa…Caro dott. Zaina, magari avere la risposta. Io per me spero di aver fatto la scelta giusta. La ringrazio tanto per il suo tempo, so che per un ortopedico è molto prezioso…
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Commento di Fabio Zaina
Il 20/08/2010 alle 14:45
Gent.ma Paola,
grazie per i suoi interventi. Sono testimonianze preziose che obbligano ad una riflessione. Riflessione che peraltro io e i miei colleghi abbiamo fatto da tempo, nel momento in cui abbiamo intrapreso questo mestiere.
Ci sarebbe una serie di premesse da fare a questa risposta, e che in parte sono la risposta stessa, perciò mi limiterò a dire, come è ovvio, ma meglio ripetere, che tutti noi in ISICO lavoriamo per evitare l’intervento tutte le volte che questo è possibile.
Questo è il nostro lavoro, quello che ci da mangiare, ma che ha precise motivazioni (a parte quelle ovvie).
Negli ultimi 4 anni sono morte 2 adolescenti durante l’intervento di artrodesi per scoliosi. Non si tratta di casi di malasanità, gli interventi sono stati eseguiti presso il più importante centro ortopedico italiano che si occupa di ortopedia. Sono state due disgrazie. Due enormi disgrazie. Ma sono uno dei rischi dell’intervento per la scoliosi. Oggi siamo abituati a immaginare una chirurgia senza effetti collaterali, senza rischi, ma non è così.
Ci sono casi di donne morte per un intervento estetico al seno, che, francamente, non è neppure un problema di salute. Quindi i rischi in ambito chirurgico ci sono sempre, e in una chirurgia come quella della colonna sono anche maggiori.
Anche quando l’intervento va bene si perde, almeno in parte, la funzione della schiena. L’intervento cerca di prevenire l’eventuale peggioramento della scoliosi sacrificando il movimento. Quindi lascia comunque un certo grado di disabilità, che a volte viene accentuato dal contesto sociale, come ci ha ben raccontato la Sig.ra Raffaella, che ringrazio per la sua testimonianza, che è stata esclusa dal corso di studi che frequentava e ha perso il lavoro a causa dell’artrodesi. Probabilmente sono state scelte eccessive, ma comunque testimoniano il fatto che una schiena operata non funziona come una schiena normale. Anche la pratica sportiva è limitata, non si possono eseguire gli stessi movimenti, non si possono praticare gli sport di
contatto, e anche se non tutte le donne operate di scoliosi vorrebbero praticare il Kick Boxing a livello agonistico, bisogna ammettere che anche nuotando, banalmente, ci sono delle differenze.
Operare un’adolescente, come quasi sempre viene suggerito dai chirurghi, implica che i genitori devono scegliere per la loro figlia/o una strada senza ritorno. Operarsi da maggiorenni è diverso. Lei, Sig.ra Paola, ha scelto a 21 anni di farsi operare. Ha preso una decisione sulla sua pelle. Ma lei immagina cosa voglia dire, senza aver provato sulla propria pelle, scegliere di operare la propria figlia a 13-14 anni? Lei immagina cosa provino i genitori di quelle due ragazzine morte sotto i ferri durante l’intervento per la scoliosi? Immagini cosa possono provare sapendo che l’intervento per cui sono morte le loro bambine non era neanche un intervento “salvavita”, dato che di scoliosi non si muore (ma per l’intervento, purtroppo, a volte si).La Sig.ra Raffaella, che ha provato sulla sua pelle l’intervento e le sue conseguenze, non farebbe mai operare sua
figlia.
La Dottoressa Min Mehta, una delle maggior esperte di scoliosi del mondo, che si occupava sia di interventi che di corsetti, aveva una scoliosi di 90°. Non si è mai operata. Le sembra un paradosso?
Sabrina ci racconta di aver scoperto la sua scoliosi quando la curva era di 41°, cioè ai limiti dell’intervento secondo le indicazioni della maggior parte degli ortopedici. Dopo 2 anni di corsetto i gradi sono
scesi a 15°, che vuol dire praticamente essere normale. Posso dire che il rischio di Sabrina di operarsi è uguale a quello di chiunque da adolescente non abbia avuto la scoliosi e non si sia curato: esistono
scoliosi che si manifestano in età adulta, ma questo rischio riguarda tutti. Sabrina la sua battaglia l’ha vinta, e tra poco avrà concluso la terapia.
Ora potrei proseguire parlando degli effetti collaterali “minori” dell’intervento: 1-2% di possibilità di danni neurologici, 30% di rischio di dover subire un secondo intervento per problemi relativi ai mezzi di sintesi (le barre di titanio), 30% di rischio di mal di schiena cronico (e su una schiena operata è veramente difficile
migliorare i dolori) come ci racconta la Sig.ra Luciana, per poi passare ai rischi d’infezione, ecc, ecc.
Cara Sig.ra Paola, questi sono i motivi per cui non ha senso limitare la terapia della scoliosi all’intervento.
IN MEDICINA NON ESISTE LA PANACEA. Non esiste la terapia che va bene per tutti. L’intervento è
andato bene per lei che l’ha scelto, ma per altri no. Per le ragazzine morte e per i loro genitori no. Per chi oggi non cammina più, no.
Molte scoliosi, prese per tempo, possono essere gestite con gli esercizi, molte possono rimanere stabili con un corsetto, molte possono migliorare addirittura con un corsetto e dei buoni esercizi.
Alcune, purtroppo, peggiorano lo stesso, e in quei casi, se le famiglie e le ragazze lo desiderano, esiste l’intervento. E meno male che esiste, l’intervento. In ISICO nessuno è contrario all’intervento, e ci sono casi in cui dobbiamo insistere con le ragazze o con le famiglie per andare a fare una valutazione dal chirurgo per programmare l’intervento. Però siamo contrari all’eccesso di chirurgia, al non curare al meglio delle attuali evidenze scientifiche tutte le scoliosi, da quella più lieve a quella più grave.
Perché ci sono ragazze e ragazzi condannati all’intervento da praticoni seducenti, medici ignoranti e da genitori troppo lassi. In alcuni casi, pochi per fortuna, la colpa è della patologia troppo aggressiva, ma non è la regola, mi creda.
Cara Sig.ra Paola, se c’è una cosa che ho imparato dai pazienti e dalle famiglie incontrate fino ad oggi nella mia professione, è che non esiste la soluzione standard che va bene a tutti. E’ giusto che ciascuno si possa curare secondo le proprie convinzioni e i propri desideri, compatibilmente con i dati scientifici. Questo è il nostro lavoro. Chi crede nella chirurgia, non si ferma da noi. Ma tante volte vediamo famiglie che dopo aver fatto 2-3 visite chirurgiche durante le quali l’unica opzione è stata quella dell’intervento sono venute da
noi per provare ad avere un’alternativa. A volte hanno vinto la scommessa, altre no. Ma tutti hanno avuto la possibilità di seguire i propri principi non affidandosi ad affabulatori e venditori di fumo ma a quanto di meglio oggi sappiamo fare sulla base dei dati scientifici. Oggi non usiamo più il gesso, ma un corsetto che ha dimostrato (in base a studi scientifici pubblicati, non ad opinioni) analoga efficacia oltre al vantaggio di poter essere rimosso quotidianamente almeno per una doccia. Questo è un esempio di cosa voglia dire per noi lavorare seriamente e cercare di fare il massimo per le ragazze e le famiglie.
Cara Sig.ra Paola, spero che questa riflessione le permetta di capire chi ha opinioni diverse dalle sue (e non parlo di noi medici, ma degli altri pazienti). Spero non me ne voglia se mi permetto un’ultima domanda forse troppo diretta: se lei con l’intervento ha risolto come dice tutti i suoi problemi con la scoliosi, ha superato tutto quello che c’è stato e non si fa più vedere dagli ortopedici come ha giurato (a parte suo marito), come mai, a distanza di tanti anni, è finita su un blog che parla di scoliosi? Non lo chiedo con malizia, ma per cercare di comprendere meglio chi, come lei, ha una storia così travagliata alle spalle.
L’intervento non ha risolto tutto?
Cordiali saluti.
Fabio Zaina
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Commento di Paola
Il 20/08/2010 alle 12:07
Raffaella, credimi mi spiace per la tua situazione e non voglio sembrarti superficiale a parlare positivamente dell’intervento chirurgico. Io l’ho affrontato a 23 anni come scelta personale e consapevole, sapendo che purtroppo, nella mia situazione prima o poi avrei dovuto affrontarlo o mi sarei ritrovata a 50 anni con 70° di scoliosi. Credo che non assegnarti il posto di insegnante alla scuola materna per via della presenza di barre di Harrington sia stato un sopruso peraltro perseguibile. Io ho insegnato, pur avendo subito l’intervento e nessuno ha mai messo un limite alla mia idoneità. Io non sono un medico, sono solo una paziente con una lunga storia di terapie e un intervento alle spalle. Quello che scrivo lo scrivo da paziente. La scoliosi a mio avviso non si cura, ci si convive per tutta la vita, sia che si faccia l’intervento sia che non lo si faccia. Potrà essere lieve, potrà essere grave ma ci sarà sempre, anche nella nostra testa e sempre ci guarderemo allo specchio, per tutta la vita, per controllare che niente sia cambiato. Peggiorerà pure un grado all’anno in età adulta, ma se a 30 anni hai 30° è presumibile che a 50 anni avrai 50° di scoliosi. I dolori per quello che ne posso sapere io, da paziente ignorante, ci sarebbero in ogni caso, accompagnati da problemi polmonari e cardiaci. Non ho mai voluto dire con il mio commento che i corsetti non servono, ho voluto dire che purtroppo esistono casi (come il mio) in cui i corsetti non servono e l’intervento, inevitabile, non ha senso che venga rimandato, facendo sopportare al paziente anni di inutili sofferenze e illusioni. Faccio tanti cari auguri, credimi di cuore, a te e alla tua bambina.
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Commento di Raffaella
Il 18/08/2010 alle 16:01
No, Paola non sono d’accordo, la chirurgia può si risolvere il problema e per carità in alcuni casi è il male minore, ma a me ha rovinato la vita e per mia figlia lotterò fino allo stremo per farglielo evitare, in tutti i modi…
Io , operata a 13 anni , ho dovuto rinunciare a tutti i miei sogni (volevo fare l’infermiera o la fisioterapista ma appena hanno visto le mie radiografie con la barra nella schiena a 21 anni mi hanno BUTTATO FUORI dalla scuola ospedaliera), mi hanno tolto l’idoneità all’insegnamento nella scuola materna nonostante il concorso vinto (sa con quella barra che può rompersi….) e mi trovo a 43 anni DISOCCUPATA, con dolori continui alla schiena e un’invalidità che è troppa per lavorare e troppo bassa per iscrivermi alle categoria protette….. Tornassi indietro MILLE VOLTE meglio con la esse nella schiena che in questo modo, rigida, disoccupata e infelice
Se siete in tempo mettetevi tutti i busti del mondo ma NO alla chirurgia finchè è possibile, oggi per fortuna i corsetti non si vedono e mia figlia non ha mai avuto problemi coi compagni nè a fare la sua vita in 4 anni di Chenau
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Commento di Paola
Il 18/08/2010 alle 11:49
Ho messo il mio primo gesso per il trattamento della scoliosi a 8 anni. L’ultimo a 18. In mezzo ce ne sono stati altri 2. Ogni trattamento durava 8 mesi (4mesi di gesso, un ricovero per cambiare il gesso e altri 4 mesi di tortura) 32 mesi di gesso in totale, quasi 3 anni di vita. Mi sono fatta con il gesso tutte le stagioni dell’anno, l’estate la peggiore per il caldo, l’inverno la peggiore perchè i cappotti non mi si chiudevano e perchè dovevo sopportare la scuola e le crudeltà dei compagni. Pantaloni con l’elastico per una vita, perchè tra un gesso e l’altro c’erano i corsetti correttivi. Li ho provati tutti: Lionese, Bostoniano, Milwaukee. Per una bambina, ragazzina, poi ragazza non è facile. Gessi, corsetti e la roulette russa dei controlli….andrà bene o andrà male? Il mio 18° compleanno l’ho festeggiato con il gesso addosso. Dicevano che serviva a evitare l’intervento. Bugia: non è servito. A 21 anni, al mio ortopedico che mi aveva in cura sin da bambina e che diceva di aspettare, ho chiesto di essere messa in lista operatoria. A 23 anni ho affrontato l’intervento, con più fiducia che paura. E’ stata dura, ma lo rifarei altre 1000 volte. Quando sono uscita dall’ospedale, dopo un mese di degenza ho giurato che non avrei mai più voluto vedere un ortopedico in vita mia. Per tenere fede al giuramento non sono più andata a un controllo. La legge del contrappasso ha poi voluto che sposassi un ortopedico e quelle volte che lo faccio arrabbiare penso che è la mia piccola vendetta nei confronti della categoria. Abbiamo 2 figli, maschi come speravo, perchè la scoliosi, si sa, affligge di più le bambine. Quello che so ora, è che se per caso uno dei miei figli dovesse ereditare da me questa maledetta scoliosi, mai per un momento penserò di ingabbiare la sua vita in un gesso o in un busto. Mai, nemmeno per un giorno dovranno passare quello che ho passato io. Credo fermamente che la chirurgia sia l’unica soluzione umana. Meglio un’infanzia e un’adolescenza libere e un intervento chirurgico risolutivo, che anni e anni di gessi e corsetti, per poi magari arrivare ugualmente all’intervento. L’intervento è stato doloroso e la mia cicatrice è lunga 47 cm, ma il ricordo di ciò che ho passato da bambina fa molto, molto più male.
Commenti
Commento di emanuela c.
Il 16/10/2010 alle 07:45 Per Ginevra, bravissima, auguri di cuore !!! |
Commento di Stefano Negrini
Il 26/10/2010 alle 09:09 Gentile Cristina |
Commento di emilia mirabella
Il 06/12/2010 alle 04:24 SONO SEMPRE LA SIGNORA EMILIA MIRABELLA LA MIA EMAIL SE QUALCUNO VUOLE DARMI UN CONSIGLIO E GLORYEMY@HOTMAIL.IT GRAZIEEE |
Commento di emilia mirabella
Il 15/12/2010 alle 03:53 MI SCUSI DOTT STEFANO NEGRINI ,IO VIVO A TRIESTE DOVE POSSO RIVOLGERMI PER UNA STRTTURA PER RIABILITAZIONE QUI NON CE NULLA E NON CAPISCONO NULLA DI ATRODESI IO FACCIO SU E GIU PER PADOVA ,A UDINE CHE E’ UN PO PIU VICINO CE UNA STRUTTURA PER ESSERE RICOVERTA OGNI TANTO PER FARE RIABILITAZIONE??LEI IN CHE OSPEDALE CE???IN CHE CITTA GRAZIE, A UDINE SE NO A CHE DOTTORE MI POSSO RIVOLGERMI??PROPRIO OGGI SONO ANDATA A PADOVA MI HANNO DETTO DI CONTIN UARE CON LE PUNTURE DI FORSTEO PERCHE UN OSSO NON SI E CALCIFICATO BENE NEL CHIODO ,DUE ANCORA TRE MESI DI FORSTEO ,M I HANNO DETTO CHE CE’ UN PICCOLO MIGLIORAMENTO ,IO SPERO BE NELLA VITA BISOGN SEMPRE SPERARE ,MA IN QUESTO FORUM SCUSATEMI TUTTE QUESTE DOMANDE MMA SONO MOLTO SPAVENTATA ,QUI A TRIESTE SONO LUNICA PIU GIOVANE CHE SI E’ OPERATA DI ATRODESI ,QUI CE’ QUALCUNO OPERATO COME ME??CON TUTTI QUESTI PROBLEMI GRAZIE SCVETEMI QUI HO A GLORYEMY@HOTMAIL.IT GRAZIE |
Commento di Stefano Negrini
Il 03/01/2011 alle 15:11 Caro Guido, |
Commento di Stefano Negrini
Il 07/01/2011 alle 16:34 Gentile Signora, |
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Il 27/08/2010 alle 14:09
Buongiorno a tutti, sono alla 23 settimana della mia seconda gravidanza e durante l’ecografia morfoligica è stato diagnosticato al mio piccolo un’emispondilo toracico isolato. L’ortopedico ci ha tranquillizzati molto, dicendo che al momento non si può nemmeno parlare di scoliosi e che il bimbo andrà monitorato costantemente sia prima sia dopo la nascita. Qualcuno ha per caso avuto una diagnosi prenatale simile alla mia? grazie