La scoliosi in testa
C’è una relazione tra scoliosi e psicologia?
Banalmente si potrebbe rispondere dicendo che tutto quello che ci circonda o tutto quello che ci accade, brutto o bello che sia, ha un impatto sui processi mentali e sul comportamento di ognuno di noi.
Come immaginare allora che un processo patologico che tipicamente si manifesta nel periodo adolescenziale, cioè in una delle fasi più delicate dello sviluppo di un essere umano, avrà una ripercussione solo sullo scheletro e non sulla mente?
Tutto quello che succede a ognuno di noi viene interpretato, rielaborato e vengono dati un peso e un’importanza che dipenderanno da una serie così articolata di variabili individuali da non poter essere inquadrato in maniera lineare.
Un’altra cosa che sappiamo è che un bravo operatore sanitario dovrebbe, qualunque sia la specifica qualifica, essere in grado di gestire in maniera funzionalmente corretta le componenti psicologiche che inevitabilmente verranno alla luce nelle differenti fasi del percorso terapeutico.
Il medico in fase di visita e di decisione diagnostica è quello che affronterà la prima linea.
E’ il momento in cui, in caso di scoperta del disallineamento vertebrale, dovrà comunicarlo al giovane paziente e alla famiglia, cominciando a delineare i dettagli della terapia che proporrà.
E’ il momento della tegola che la ragazza non si aspettava o che fortemente sperava di non dover affrontare.
E’ il momento in cui se il medico non possiede quelle doti di sedazione ansiogena e non completa il suo discorso con sorrisi e gesti tranquillizzanti, in diversi casi ha già fatto la “frittata”.
In caso di prescrizione di un corsetto, per esempio, le reazioni di una ragazza possono essere molto diverse e spaziare tra un estremo che va dall’accettazione consapevole di un fastidioso, ma inevitabile, trattamento da iniziare, fino al senso di disperazione più profonda.
L’elasticità comportamentale del prescrittore e di tutti gli altri componenti del team terapeutico che seguiranno il paziente nel lungo percorso potrà fare la differenza tra il riemergere alla accettabile realtà oppure l’essere trascinata nel gorgo di un rabbioso e inconsolabile scoramento.
Quanto questa prova può lasciare una ferita insanabile nella psiche di un paziente, anche a trattamento finito?
L’esperienza personale, ma anche la lettura di tanti commenti lasciati sul blog da adulti che ripercorrono le vicende di questa particolare esperienza adolescenziale e che ricordano con tanto dolore, ci fa capire che, in assenza di un sostegno sereno, la scoliosi può anche lasciare delle tracce indelebili ma invisibili all’occhio.
C’è ancora un importante capitolo che vale la pena ricordare.
Ci sono delle seducenti teorie che immaginano la scoliosi come la conseguente, ma naturale, manifestazione somatica di un disagio interiore.
Di conseguenza questa patologia dovrebbe essere curata non con strumenti esterni che tentano di contrapporsi alla sua evoluzione ma con strategie che riequilibrano il disequilibrio interiore, causa essenziale della sua manifestazione visiva.
Cercare di controbattere queste idee con argomentazioni razionali è puro spreco di energie.
L’unico dato che mi tranquillizza, rispetto alla scelta di un campo terapeutico discostato da questa suggestiva visione, è l’elenco dei pazienti che avevano cominciato e che hanno compreso abbastanza tardi la reale direzione che la loro colonna aveva preso.
Cosa che alla vista dei risultati, fa scadere drammaticamente il fascino di una terapia alternativa apparentemente così suadente.
Commenti
Commento di Martina Poggio
Il 26/06/2015 alle 15:01 Gentile Giancarlo, |
Scrivi un commento |
Il 24/06/2015 alle 16:07
Salve, sono il Papà di una bambina alla quale è stata diagnosticata una scoliosi con una curvatura di 23° … per la quale le è stato prescritto il corsetto cheneau…
La mia prima reazione, e per la quale ho scritto, è stata quella di individuare, dopo una rapida conoscenza del problema, le possibili soluzioni alternative. Documentandomi ho appreso che è in corso un progetto (“STIMULAIS”) per correggere la scoliosi idiopatica adolescenziale con un trattamento mininvasivo. Il trattamento prevede l’elettrostimolazione dei muscoli profondi paraspinali. La tecnica è conosciuta come stimolazione elettrica funzionale (FES).
Sapete dirmi qualcosa a riguardo.
Grazie,
Giancarlo